Il primo congresso di Slow Fiber racconta il tessile buono, sano, pulito, giusto e durevole
A tre anni dalla sua fondazione, la rete Slow Fiber ha organizzato il suo primo congresso. L’evento si è svolto a Torino il 7 novembre, presso l’Auditorium della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e ha riunito esperti, imprenditori e studenti, per riflettere insieme su come applicare al tessile, moda e arredamento, i valori promossi da Slow Fiber:
Buono = qualità e radicamento territoriale; Sano = attenzione alle sostanze chimiche e ai processi produttivi; Pulito = impegno a ridurre l’impronta ambientale; Giusto = rispetto del lavoro e della dignità delle persone; Durevole = qualità, uso consapevole e durabilità dei prodotti nel tempo.
Le origini di Slow Fiber
Questi principi diventano la chiave per un nuovo modo di produrre e consumare: solo un tessile che duri nel tempo e generi valore reale, per chi lo crea e per chi lo utilizza, può definirsi anche “bello”.
Frutto dell’incontro tra il movimento Slow Food e 16 aziende virtuose della filiera tessile italiana, in questi anni la rete è cresciuta e oggi riunisce 29 imprese italiane della moda e dell’arredamento. Insieme queste imprese impiegano quasi 6800 addetti, sviluppano un giro d’affari di 1,2 miliardi e rappresentano tutte le varie fasi della filiera: fibra, filatura, tintura, tessitura, finissaggio, disegno, prototipazione, industrializzazione, taglio e confezionamento, stampa e ricamo. Il network, oggi distribuito tra Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana, è nato con l’obiettivo di diffondere consapevolezza sull’impatto del tessile e sostiene filiere locali che condividono trasparenza, sostenibilità e responsabilità sociale, aperta a collaborare con altre organizzazioni ispirate ai medesimi principi e impegnate concretamente a realizzarli.
Una missione utile al mondo
Ad aprire i lavori del primo congresso di Slow Fiber è stato Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Rivolgendosi alle aziende associate alla rete del tessile moda ha affermato: «Mi auguro che da subito assumiate coscienza che questa idea deve avere una dimensione mondiale. Pur partendo dall’Italia e avendo radici solide nella nostra nazione, deve guardare all’universo, perché il bisogno che realizza la vostra Rete è una esigenza mondiale. Se è stato importante per il cibo, oggi il mondo ha bisogno di una rigenerazione dell’intero comparto del vestirsi. È un comparto che presenta all’umanità una dimensione di spreco di dimensioni bibliche. Se non cambia atteggiamento, è criminale. Abbiate la capacità e l’orgoglio di capire che in questa avventura siete i primi a livello mondiale a porsi il problema. Il cambio di paradigma che proponete non è solo una questione da proporre agli industriali, bisogna proporlo all’umanità; la gente deve essere cosciente di quello che si mette addosso, deve sapere da dove viene, come è fatto… la vostra comunicazione deve essere forte, orgogliosa. Vi auguro di riuscire in questa impresa».
Gli ha fatto eco Dario Casalini, ideatore e presidente di Slow Fiber, nonché amministratore delegato di Maglificio Po, l’azienda a cui fa capo il marchio Oscalito. Casalini ha presentato la Rete e i suoi obiettivi: creare imprese capaci di garantire trasparenza di filiera, responsabilità sociale, qualità e durabilità, sposando ecologia ed economia. «Negli ultimi anni la moda ha iniziato a interrogarsi sul proprio impatto ambientale e sociale, ma oggi parlare di “sostenibilità” non è più sufficiente. Il settore tessile è responsabile del 10% delle emissioni globali di CO2, produce ogni anno 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili (l’87% dei quali finisce in discarica o inceneritore) e consuma risorse naturali a un ritmo insostenibile. Al tempo stesso, è un campo di straordinaria innovazione e creatività, capace di guidare un cambiamento culturale che rimetta al centro l’etica, la responsabilità e la bellezza», ha affermato il presidente di Slow Fiber. La sfida non è solo ridurre l’impatto, ma trasformare il sistema moda in un modello rigenerativo, dove il valore non sia determinato dalla quantità prodotta, ma dalla qualità, dalla durabilità e dal rispetto della vita – umana e naturale – che lo rende possibile».
La visione di Slow Fiber
Slow Fiber non si sostituisce alle certificazioni esistenti, ma integra i principi di sostenibilità con una visione sistemica, etica e culturale più ampia, che pone al centro la dignità del lavoro e la cura per l’ambiente. Elemento distintivo di Slow Fiber è il sistema di KPI (Key Performance Indicator), validati da revisori esterni, che misurano l’effettiva adesione delle aziende ai valori fondanti della Rete, garantendo trasparenza e solidità etica.
Tra le autorità presenti all’incontro, la vicepresidente della Regione Piemonte Elena Chiorino che, dopo aver apprezzato la lungimiranza e il valore della rete Slow Fiber e del suo impegno ha ribadito: «La Regione c’è e ci sarà con tutti gli investimenti che servono. A dispetto del suo nome, Slow Fiber deve lavorare velocemente per concretizzare i suoi ideali».
Nel corso del primo congresso di Slow Fiber si sono svolte anche due tavole rotonde moderate dalla giornalista del Sole 24 Ore, Filomena Greco, che hanno coinvolto imprenditori, esperti, docenti e studenti che si sono confrontati sui valori che ispirano l’attività della rete e le imprese associate.
Il primo congresso di Slow Fiber, a tre anni esatti dalla nascita dell’Associazione, vuole diventare un incontro ricorrente. Il 7 novembre sono state gettate le basi, condividendo sul tavolo scenari e problematiche, da parte dei fondatori della rete e degli esperti coinvolti. Ai prossimi incontri sarà indispensabile portare al tavolo di discussione anche l’industria di marca, i giovani, le istituzioni nazionali.
