Osservatorio Ipsos: in Italia si gettano 7,6 vestiti a testa. La sfida è educare al corretto smaltimento

Foto di Pete Linforth da Pixabay
Negli ultimi 12 mesi, in Italia due persone su tre (66%) si sono disfatte dei vestiti; sei su dieci (57%), invece, hanno gettato le loro scarpe e una su due si è sbarazzata di stracci o tessuti danneggiati (51%). La prima tipologia di prodotto è anche quella maggiormente smaltita. Infatti, tra gli italiani che negli ultimi 12 mesi hanno scelto di dismettere i loro vestiti, il 38% ne ha gettati una media di 7,6 capi a persona.
Questi sono alcuni dei dati che emergono dalla prima edizione dell’Osservatorio Ipsos realizzato per conto di Erion Textiles, Consorzio dedicato alle aziende del settore tessile, che ha analizzato le abitudini degli italiani in materia di rifiuti tessili.
Le differenze tra Nord e Sud Italia
L’indagine mostra che i cittadini del Nord Italia sono quelli che si liberano di più di vestiti e scarpe rispetto al resto dello Stivale (69% e 60% rispettivamente), con una media di 8,4 capi contro i 6,4 del Sud. La ragione principale per cui ci si disfa dei capi di abbigliamento è perché sono “danneggiati/consumati” (53% a livello nazionale). La seconda motivazione più comune è il “non li uso più” (39%). E questa percentuale sale al 42% nel Nord Italia. I cittadini delle regioni del Sud Italia tendono a disfarsi di quantità inferiori di articoli e la motivazione è più legata all’usura effettiva del bene (54% butta perché “danneggiato”) piuttosto che al semplice inutilizzo.
Particolarmente significativa la percentuale dei giovani (18-26 anni) che, per motivazioni legate alle tendenze, dichiara di gettare un capo perché “fuori moda” (10% dei giovani contro il 3% della media Italia) oppure a causa di un “acquisto online non soddisfacente” (un altro 10% vs 3% media Italia).
La scorretta gestione di stracci e capi danneggiati
Un altro dato che emerge dall’Osservatorio Ipsos riguarda la gestione di stracci e capi danneggiati: una quota importante di questi prodotti tessili viene ancora gettata nei contenitori per la raccolta indifferenziata. La causa principale va ricercata nella comunicazione storicamente adottata per la raccolta degli abiti usati che ha sempre richiesto di conferire solo capi in buone condizioni. Questo approccio era necessario perché, in assenza della Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), l’intera filiera di gestione dei rifiuti tessili si è basata prevalentemente sul riutilizzo, sostenendosi grazie alla vendita degli indumenti recuperabili. Di conseguenza, si è consolidata tra i cittadini la convinzione che solo i capi in buono stato vadano conferiti nei contenitori dedicati, mentre quelli danneggiati o gli stracci debbano essere smaltiti nell’indifferenziata.
Se quindi si escludono gli stracci e i prodotti danneggiati (45%), si riscontrano, a livello nazionale, le seguenti percentuali di conferimento scorretto: scarpe (25%), borse e cinture (23%), tessili per la casa (18%) e vestiti (11%).
Il commento di Erion Textiles
In previsione dell’introduzione dell’EPR per il settore tessile, che si occuperà di far crescere le soluzioni per il riciclo dei capi non riutilizzabili, emerge un’ulteriore sfida futura per la comunicazione ai consumatori: modificare le attuali abitudini di conferimento degli oggetti danneggiati. Oggi, infatti, il cittadino non percepisce il tessuto rotto come una risorsa che potrà essere riciclata, ma come spazzatura irrecuperabile.
«La sfida che Erion Textiles ha di fronte si compone di due aspetti fondamentali” ha dichiarato Luca Campadello, strategic development & innovation manager di Erion “Da un lato la ricerca e l’implementazione di soluzioni di riciclo per gli abiti non riutilizzabili. Dall’altro, una comunicazione che parli linguaggi diversi a territori e generazioni differenti, ma con l’obiettivo comune di far comprendere che ogni tessuto, anche quello danneggiato, rappresenta una risorsa per il futuro»
