Il tessile abbigliamento europeo fa fronte comune contro l’ultra fast-fashion

nella foto i rappresentanti delle associazioni europee che hanno firmato il documento
In occasione del salone Première Vision, in scena a Parigi dal 16 al 18 settembre, è stata sottoscritta una dichiarazione congiunta contro l’ultra fast-fashion. A siglare il documento sono state le associazioni Confindustria Moda, rappresentata dal presidente Luca Sburlati, insieme a Euratex e alle principali federazioni europee del tessile e dell’abbigliamento. Con questa iniziativa, promossa dalle associazioni francesi UFIMH e UIT, nasce un fronte comune europeo per difendere il settore, i lavoratori e i consumatori dagli effetti distorsivi di un modello economico insostenibile.
I timori espressi nella nota congiunta
La dichiarazione congiunta contro l’ultra fast-fashion, infatti, esprime profonda preoccupazione per la diffusione e la crescita delle piattaforme e-commerce extra-UE che alimentano la moda ultra-veloce causando impatti devastanti sull’ ambiente, per la sovrapproduzione di abiti a vita brevissima, con la conseguente crescita esponenziale dei rifiuti tessili e aumento dei consumi insostenibili; sull’economia per la pressione insostenibile sulle aziende e sui brand italiani ed europei che rispettano standard ambientali e sociali elevati. Altrettanto preoccupante è la concorrenza sleale legata a frodi IVA e violazioni di proprietà intellettuale.
Per questo con la dichiarazione congiunta contro l’ultra fast-fashion i firmatari chiedono azioni immediate da parte dell’Unione europea e dei singoli stati membri.
Le azioni richieste all’Unione Europea e agli stati membri
In particolare, secondo le associazioni urge una riforma del Codice Doganale europeo e l’eliminazione dell’esenzione dai dazi sotto i 150 euro. Altrettanto fondamentale è l’introduzione di tariffe sui piccoli pacchi per finanziare controlli doganali più efficaci e il recupero dell’Iva sulle spedizioni di ultra fast-fashion. E, ancora, la dichiarazione congiunta contro l’ultra fast-fashion chiede l’obbligo per le piattaforme di e-commerce di avere un rappresentante legale nell’UE, responsabile al pari delle imprese europee. Invoca, inoltre, l’uso del Digital Services Act e del Digital Markets Act per sanzionare le pratiche scorrette. E, infine, la dichiarazione sostiene l’avvio di un dialogo con le autorità cinesi sul contrasto a modelli produttivi contrari agli obiettivi ambientali condivisi.
«Con questa firma, insieme a Euratex e alle federazioni europee della moda, chiediamo una reazione immediata per la definizione di regole chiare e controlli efficaci per contrastare un modello che mette a rischio la competitività, l’occupazione e la sostenibilità delle nostre imprese, della filiera e dei nostri brand», ha dichiarato Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda. «La moda italiana ed europea devono continuare a rappresentare un punto di riferimento per qualità, trasparenza e responsabilità, offrendo un’alternativa concreta alla moda ultra-veloce, caratterizzata da modelli spesso insostenibili e da impatti ambientali devastanti. In questa sfida, sono convinto che sia fondamentale anche il ruolo del commercio e dei consumatori, che devono essere informati in modo corretto e trasparente, contrastando con fermezza fenomeni di distorsione e falsa comunicazione diffusi sui social network. Ogni giorno milioni di pacchi entrano in Italia senza pagare dazi, senza controlli doganali e senza verifiche sul rispetto delle normative ambientali e dei requisiti di produzione. Nei soli primi sei mesi dell’anno, nel comparto Tessile-Abbigliamento, l’import dalla Cina è aumentato del 18%, un numero che si commenta da solo. È una situazione che non possiamo più tollerare: servono scelte immediate e urgenti per ristabilire regole eque e proteggere il nostro settore, il secondo per export nel nostro Paese».
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